Cass. civ., Sez. III, Ordinanza, 14/04/2022, n. 12259
A differenza della mera denuncia di successione, che ha valore esclusivamente fiscale, la voltura catastale ha invece rilievo sia agli effetti civili che a quelli catastali, ed è atto idoneo ad integrare un’accettazione tacita dell’eredità. Pertanto, deve considerarsi erede colui che ha effettuato la voltura al Catasto dei beni del de cuius a proprio favore.
Cass. civ., Sez. V, 22/03/2022, n. 9186
Posto che ai fini dell’acquisto della qualità di erede non è di per sé sufficiente, neanche nella successione legittima, la delazione dell’eredità che segue l’apertura della successione, essendo necessaria l’accettazione del chiamato mediante una dichiarazione di volontà oppure un comportamento obiettivo di acquiescenza, ipotesi che non possono dirsi configurate neppure con la mera presentazione della dichiarazione di successione, laddove manchi agli atti la prova di detta accettazione dell’eredità, il chiamato a succedere non è legittimato passivo dell’obbligazione tributaria del de cuius.
Cass. civ., Sez. III, Ordinanza, 14/04/2022, n. 12259
A differenza della mera denuncia di successione, che ha valore esclusivamente fiscale, la voltura catastale ha invece rilievo sia agli effetti civili che a quelli catastali, ed è atto idoneo ad integrare un’accettazione tacita dell’eredità. Pertanto, deve considerarsi erede colui che ha effettuato la voltura al Catasto dei beni del de cuius a proprio favore.
Cass. civ., Sez. V, 22/03/2022, n. 9186
Posto che ai fini dell’acquisto della qualità di erede non è di per sé sufficiente, neanche nella successione legittima, la delazione dell’eredità che segue l’apertura della successione, essendo necessaria l’accettazione del chiamato mediante una dichiarazione di volontà oppure un comportamento obiettivo di acquiescenza, ipotesi che non possono dirsi configurate neppure con la mera presentazione della dichiarazione di successione, laddove manchi agli atti la prova di detta accettazione dell’eredità, il chiamato a succedere non è legittimato passivo dell’obbligazione tributaria del de cuius.
Cass. civ., Sez. III, Ordinanza, 14/04/2022, n. 12259
A differenza della mera denuncia di successione, che ha valore esclusivamente fiscale, la voltura catastale ha invece rilievo sia agli effetti civili che a quelli catastali, ed è atto idoneo ad integrare un’accettazione tacita dell’eredità. Pertanto, deve considerarsi erede colui che ha effettuato la voltura al Catasto dei beni del de cuius a proprio favore.
Cass. civ., Sez. VI – 2, Ordinanza, 30/04/2021, n. 11478 (rv. 661054-01)
L’accettazione tacita di eredità può essere desunta dal comportamento del chiamato che ponga in essere atti che non abbiano solo natura meramente fiscale, quale la denuncia di successione, ma che siano, al contempo, fiscali e civili, come la voltura catastale, che rileva non solo dal punto di vista tributario, per il pagamento dell’imposta, ma anche dal punto di vista civile, per l’accertamento, legale o semplicemente materiale, della proprietà immobiliare e dei relativi passaggi. (Rigetta, CORTE D’APPELLO MILANO, 16/07/2019)
Cass. civ., Sez. VI – 2, Ordinanza, 22/01/2020, n. 1438
L’accettazione tacita di eredità, che si ha quando il chiamato all’eredità compie un atto che presuppone la sua volontà di accettare e che non avrebbe diritto di compiere se non nella qualità di erede, può essere desunta anche dal comportamento del chiamato, che abbia posto in essere una serie di atti incompatibili con la volontà di rinunciare o che siano concludenti e significativi della volontà di accettare; ne consegue che, mentre sono inidonei allo scopo gli atti di natura meramente fiscale, come la denuncia di successione, l’accettazione tacita può essere desunta dal compimento di atti che siano al contempo fiscali e civili, come la voltura catastale, che rileva non solo dal punto di vista tributario, ma anche da quello civile.
Cass. civ., Sez. II, Sentenza, 11/05/2009, n. 10796
L’accettazione tacita di eredità, che si ha quando il chiamato all’eredità compie un atto che presuppone la sua volontà di accettare e che non avrebbe diritto di compiere se non nella qualità di erede, può essere desunta anche dal comportamento del chiamato, che abbia posto in essere una serie di atti incompatibili con la volontà di rinunciare o che siano concludenti e significativi della volontà di accettare; ne consegue che, mentre sono inidonei allo scopo gli atti di natura meramente fiscale, come la denuncia di successione, l’accettazione tacita può essere desunta dal compimento di atti che siano al contempo fiscali e civili, come la voltura catastale, che rileva non solo dal punto di vista tributario, ma anche da quello civile.
Cass. civ., Sez. II, 28/02/2007, n. 4783
La denuncia di successione ed il pagamento della relativa imposta non importano accettazione tacita dell’eredità, trattandosi di adempimenti di contenuto prevalentemente fiscale diretti ad evitare l’applicazione di sanzioni, come tali non implicanti univocamente la volontà di accettare l’eredità.
Cass. civ., Sez. III, 13/05/1999, n. 4756
La denuncia di successione ed il pagamento della relativa imposta non importano accettazione tacita dell’eredità, trattandosi di adempimenti di contenuto prevalentemente fiscale, diretti ad evitare l’applicazione di sanzioni, che di per sè non denotano in modo univoco la volontà di accettare, l’eredità e rientrano tra gli atti di natura conservativa e di amministrazione temporanea che il chiamato a succedere può compiere in base ai poteri conferitigli dall’art. 460 c.c. Ciò; peraltro, non è escluso che gli atti in questione costituiscano elementi indiziari, come tali liberamente valutabili ai fini indicati dal giudice del merito.
Cass. civ., Sez. II, 27/03/1996, n. 2711
La denuncia di successione ed il pagamento delle relative imposte in quanto atti di natura e finalità meramente fiscali, non integrano una accettazione tacita dell’eredità.
Cass. civ., Sez. II, 12/01/1996, n. 178
La denuncia di successione presentata dal chiamato ed il pagamento della relativa imposta di successione non manifestano in modo univoco la volontà di accettare l’eredità perchè sono atti di carattere meramente conservativo.
Cass. civ., Sez. II, 18/05/1995, n. 5463
La denuncia di successione ed il pagamento della relativa imposta, con riferimento al valore del patrimonio relitto dichiarato nella predetta denuncia, non comportano accettazione tacita della eredità, trattandosi di adempimenti fiscali che, in quanto diretti ad evitare l’applicazione di sanzioni, hanno solo scopo conservativo e rientrano, quindi, tra gli atti che il chiamato a succedere può compiere in base ai poteri conferitigli dall’art. 460 c.c.; implicano, invece, accettazione tacita dell’eredità il ricorso alla commissione tributaria contro l’avviso di accertamento del maggior valore notificato dall’amministrazione finanziaria e la successiva stipulazione di un concordato per la definizione della controversia perchè questi atti, indipendentemente dalle specifiche intenzioni del chiamato alla eredità, non sono meramente conservativi, ma tendono alla definitiva soluzione della questione fiscale.
Corte d’Appello Roma, Sez. III, 24/02/2012, n. 1001
La denuncia di successione ed il pagamento della relativa imposta, con riferimento al valore del patrimonio relitto dichiarato, non comportano accettazione tacita dell’eredità, trattandosi di adempimenti fiscali che, in quanto diretti ad evitare l’applicazione di sanzioni, hanno solo scopo conservativo e rientrano quindi, tra gli atti che il chiamato a succedere può compiere in base ai poteri conferitigli. Implicano, invece, accettazione tacita dell’eredità il ricorso alla commissione tributaria contro l’avviso di accertamento del maggior valore notificato dall’amministrazione finanziaria e a successiva stipulazione di un concordato per la definizione della controversia perchè questi atti, indipendentemente dalle specifiche intenzioni del chiamato all’eredità, non sono meramente conservativi ma tendono alla definitiva soluzione della questione fiscale.
Tribunale Padova, Sez. II, 19/01/2015, n. 158
Nel giudizio instaurato nei confronti del preteso erede per debiti del de cuius o dell’eredità, incombe su chi agisce, ex art. 2697 c.c., l’onere di provare l’assunzione da parte del convenuto della qualità di erede, la quale non può desumersi dalla mera chiamata all’eredità, non essendo prevista alcuna presunzione in tal senso, ma consegue solo all’accettazione dell’eredità, espressa o tacita, la cui ricorrenza rappresenta, quindi, un elemento costitutivo del diritto azionato nei confronti del soggetto evocato in giudizio nella predetta qualità. A tal fine, non costituisce accettazione tacita dell’eredità la richiesta di informazioni circa l’esistenza di un testamento o di beni relitti del de cuius, al fine di valutare la necessità di una denuncia di successione.
Cass. civ., Sez. V, 19/07/2006, n. 16507
In tema di successione “mortis causa”, la delazione ereditaria ed il possesso dei beni ereditari da parte del chiamato, pur non risultando sufficienti ai fini dell’acquisto della qualità di erede, in quanto la prima ne costituisce soltanto il presupposto, mentre il secondo non presuppone di per sé la volontà di accettare l’eredità, rappresentano tuttavia circostanze valutabili, unitamente alla mancata redazione dell’inventario, ai fini dell’accertamento di un’eventuale accettazione “ex lege”, di cui sono elementi costitutivi, appunto, l’apertura della successione, la delazione ereditaria, il possesso dei beni ereditari e la mancata tempestiva redazione dell’inventario (nella fattispecie, la S.C., in base all’enunciato principio, ha rigettato il ricorso avverso la sentenza di una commissione tributario regionale, la quale aveva accertato in alcuni soggetti la qualità di eredi, come tali legittimamente destinatari di un avviso di accertamento di redditi non dichiarati dal “de cuius”).
Cass. civ., Sez. II, 27/10/2005, n. 20868
In tema di successioni “mortis causa”, l’immissione nel possesso dei beni ereditari non è di per sè sufficiente ad integrare l’accettazione tacita dell’eredità, potendo la stessa dipendere anche da un mero intento conservativo del chiamato o da tolleranza da parte degli altri chiamati.
Cass. civ., Sez. II, 15/02/2005, n. 3018
L’immissione nel possesso dei beni ereditari non comporta di per sé accettazione dell’eredità, atteso che l’art. 460 c.c. attribuisce al chiamato, in quanto tale, e pertanto anche anteriormente all’accettazione e addirittura senza bisogno della loro materiale apprensione, il potere di esercitare le azioni possessorie a tutela degli stessi beni.
Tribunale Salerno, Sez. I, 22/06/2016, n. 3048
In materia di successioni mortis causa, l’immissione nel possesso dei beni ereditari non è di per sé sufficiente ad integrare l’accettazione tacita dell’eredità, potendo la stessa, dipendere anche da un mero intento conservativo del chiamato o da tolleranza da parte degli altri chiamati.
Tribunale Padova, Sez. I, 27/11/2014, n. 3639
L’accettazione tacita dell’eredità ex art. 476 c.c. consiste nel compimento di un atto che per forza di cose presuppone nel chiamato la volontà di accettare e che il chiamato non avrebbe il diritto di compiere se non nella sua qualità di erede; in tal modo condotte concludenti possono integrare tale modo di accettazione. Non può, tuttavia, ritenersi atto univoco in tal senso, la mera immissione nel possesso dei beni ereditari, nell’ipotesi in cui la stessa si configuri quale atto necessario di amministrazione temporanea dei beni predetti.
Cass. civ., Sez. II, Ordinanza, 19/02/2019, n. 4843
Ai fini dell’accettazione tacita dell’eredità, sono privi di rilevanza tutti quegli atti che, attese la loro natura e finalità, non sono idonei ad esprimere in modo certo l’intenzione univoca di assunzione della qualità di erede, quali la denuncia di successione, il pagamento delle relative imposte, la richiesta di registrazione del testamento e la sua trascrizione. Infatti, trattandosi di adempimenti di prevalente contenuto fiscale, caratterizzati da scopi conservativi, il giudice del merito, a cui compete il relativo accertamento, può legittimamente escludere, con riferimento ad essi, il proposito di accettare l’eredità; peraltro, siffatto accertamento non può limitarsi all’esecuzione di tali incombenze, ma deve estendersi al complessivo comportamento dell’erede potenziale ed all’eventuale possesso e gestione anche solo parziale dell’eredità.
Tribunale Pescara, 30/06/2016, n. 1170
La mera partecipazione dell’erede alla redazione dell’inventario non costituisce accettazione (evidentemente tacita) dell’eredità, ciò imponendo che tale redazione sia seguita, nel prescritto termine decadenziale, da una formale dichiarazione di accettazione dell’eredità, ovvero da successive manifestazioni inequivoche della volontà di accettarla.
Cass. civ., Sez. III, 13/06/2008, n. 16002
Non sussiste il difetto di legittimazione attiva del figlio che fa valere giudizialmente un credito del genitore defunto per il solo fatto che egli non se ne affermi anche erede, in quanto il chiamato all’eredità, qual é necessariamente il figlio del defunto ai sensi dell’art. 536 cod. civ. , agendo giudizialmente nei confronti del debitore del “de cuius” per il pagamento di quanto dichiaratamente al medesimo dovuto, compie un atto che, nella consapevolezza della delazione dell’eredità, presuppone necessariamente la sua volontà di accettare e che non avrebbe il diritto di fare se non nella qualità di erede, così realizzando il paradigma normativo dell’accettazione tacita dell’eredità di cui all’art. 476 cod. civ.
Cass. civ., Sez. II, Sentenza, 08/04/2013, n. 8529
L’intervento in giudizio operato da un chiamato all’eredità nella qualità di erede legittimo del “de cuius” costituisce accettazione tacita, agli effetti dell’art. 476 cod. civ., senza che alcuna rilevanza assuma la circostanza della successiva cancellazione della causa dal ruolo per inattività delle parti, posto che l’accettazione dell’eredità, a tutela della stabilità degli effetti connessi alla successione “mortis causa”, si configura come atto puro ed irrevocabile, e quindi insuscettibile di essere caducato da eventi successivi.
Cass. civ., Sez. III, 01/07/2005, n. 14081
Qualora si verifichi la morte della parte ed il processo venga riassunto da un soggetto che si qualifichi erede del “de cuius”, in qualità di figlio del medesimo, dimostrando la relazione familiare, pur senza specificare di quale tipo di successione si sia trattato e senza indicare in che modo sia avvenuta l’accettazione dell’eredità, l’atto di riassunzione, in quanto proveniente da un soggetto che si deve considerare certamente chiamato all’eredità quale che sia il tipo di successione, va considerato come atto di accettazione tacita dell’eredità e, quindi, idoneo a far considerare dimostrata la legittimazione alla riassunzione
Cass. civ., Sez. II, 27/06/2005, n. 13738
L’accettazione tacita dell’eredità può desumersi, ex articolo 476 del c.c., dall’esplicazione di un’attività personale del chiamato con la quale venga posto in essere un atto di gestione incompatibile con la volontà di rinunciare all’eredità e non altrimenti giustificabile se non nell’assunzione della qualità di erede, cioè un comportamento tale da presupporre necessariamente la volontà di accettare l’eredità, secondo una valutazione obiettiva condotta alla stregua del comune modo di agire d’una persona normale. In tal senso è significativa la proposizione d’azioni giudiziarie intese alla rivendica o alla difesa della proprietà o ai danni per la mancata disponibilità dei beni ereditari, dato che al semplice chiamato è solo consentito, ex articolo 460 del c.c. esperire le azioni possessorie e compiere gli atti conservativi, di vigilanza e di temporanea amministrazione, mentre l’esperimento delle azioni intese al reclamo o alla tutela della proprietà sui beni ereditari e al risarcimento per la loro mancata disponibilità, presuppone necessariamente l’accettazione dell’eredità stessa, in quanto, trattandosi di azioni che travalicano il semplice mantenimento dello stato di fatto quale esistente all’atto dell’apertura della successione e la mera gestione conservativa dei beni compresi nell’asse, il chiamato come tale non avrebbe il diritto di proporle, giacché diversamente dimostra d’aver accettato la qualità di erede.
Cass. civ., Sez. II, Ordinanza, 19/02/2019, n. 4843
Presupposti fondamentali e indispensabili ai fini di una accettazione tacita sono: la presenza della consapevolezza, da parte del chiamato, dell’esistenza di una delazione in suo favore; che il chiamato assuma un comportamento inequivoco, in cui si possa riscontrare sia l’elemento intenzionale di carattere soggettivo (c.d. animus), sia l’elemento oggettivo attinente all’atto, tale che solo chi si trovi nella qualità di erede avrebbe il diritto di compiere. Di norma, poi, vengono considerate forme di accettazione tacita di eredità: a) la proposizione da parte del chiamato dell’azione di rivendicazione, oppure, l’esperire l’azione di riduzione, l’azione, cioè, volta a far valere la qualità di legittimario leso o, comunque, pretermesso dalla sua quota; b) l’azione di risoluzione o di rescissione di un contratto; c) l’azione di divisione ereditaria, posto che può essere proposta solo da chi ha già assunto la qualità di erede; d) la riassunzione di un giudizio già intrapreso dal de cuius o la rinuncia agli effetti di una pronuncia in grado di appello; e) il pagamento da parte del chiamato dei debiti lasciati dal de cuius col patrimonio dell’eredità; f) ed infine, secondo la dottrina più attenta, anche la voltura catastale determinerebbe un’accettazione tacita dell’eredità, nella considerazione che solo chi intenda accettare l’eredità assumerebbe l’onere di effettuare tale atto e di attuare il passaggio legale della proprietà dell’immobile dal de cuius a se stesso.
Cass. civ., Sez. II, Ordinanza, 24/04/2018, n. 10060
Poiché l’accettazione tacita dell’eredità può desumersi dall’esplicazione di un’attività personale del chiamato incompatibile con la volontà di rinunciarvi, “id est” con un comportamento tale da presupporre la volontà di accettare l’eredità, essa può legittimamente reputarsi implicita nell’esperimento, da parte del chiamato, di azioni giudiziarie, che – essendo intese alla rivendica o alla difesa della proprietà o ai danni per la mancata disponibilità di beni ereditari – non rientrino negli atti conservativi e di gestione dei beni ereditari consentiti dall’ 460 c.c., ma travalichino il semplice mantenimento dello stato di fatto quale esistente al momento dell’apertura della successione, e che, quindi, il chiamato non avrebbe diritto di proporle se non presupponendo di voler far propri i diritti successori.
Cass. civ., Sez. III, 08/06/2007, n. 13384
L’accettazione tacita di eredità, ex art. 476 cod. civ., ben può essere desunta dalla partecipazione del chiamato all’eredita, sia pure in contumacia, a due giudizi di merito concernenti beni del “de cuius” (nella specie aventi ad oggetto il recesso dalla compravendita di immobili), e ciò anche se lo stesso chiamato nella fase d’appello e informalmente – mediante uno scritto – abbia dichiarato il disinteresse alla lite, trattandosi di comportamento inconciliabile con la tardiva rinuncia, condizionata dall’esito della lite.
Cass. civ., Sez. V, Ordinanza, 29/10/2020, n. 23989
In tema di successioni, l’assunzione della qualità di erede non può desumersi dalla mera chiamata all’eredità, né dalla denuncia di successione, che ha valore di atto di natura meramente fiscale, ma consegue solo all’accettazione dell’eredità, espressa o tacita, che rappresenta elemento costitutivo del diritto azionato nei confronti del soggetto evocato in giudizio quale successore del de cuius. Pertanto, in ipotesi di debiti del de cuius di natura tributaria, l’accettazione dell’eredità è una condizione imprescindibile affinché possa affermarsi l’obbligazione del chiamato all’eredità a risponderne; non può, quindi, ritenersi obbligato chi abbia rinunciato all’eredità, anche se tardivamente, sempre che egli non abbia posto in essere comportamenti dai quali si possa desumere un’accettazione implicita dell’eredità, della cui prova è onerata l’Amministrazione finanziaria. Qualora i chiamati all’eredità abbiano ricevuto e accettato la notifica di una citazione o di un ricorso per debiti del de cuius o si siano costituiti eccependo la propria carenza di legittimazione, non sono configurabili ipotesi di accettazione tacita dell’eredità, trattandosi di atti pienamente compatibili con la volontà di non accettare l’eredità. Qualora, invece, i chiamati all’eredità abbiano impugnato un atto di accertamento emesso nei loro confronti in qualità di eredi dell’originario debitore, senza contestare l’assunzione di tale qualità e, quindi, il difetto di titolarità passiva della pretesa, ma censurando nel merito l’accertamento compiuto dall’Amministrazione finanziaria, deve ritenersi che essi abbiano posto in essere un’attività che non è altrimenti giustificabile se non con la veste di erede, atteso che tale comportamento esorbita dalla mera attività processuale conservativa del patrimonio ereditario.
Cass. civ., Sez. II, 20/08/2019, n. 21507
La parte che abbia un titolo legale che le conferisca il diritto di successione ereditaria, come la vedova del “de cuius”, non è tenuta a dimostrare di avere accettato l’eredità, qualora proponga in giudizio domande che di per sé manifestino la volontà di accettare.
Cass. civ., Sez. II, Ordinanza, 06/06/2018, n. 14499
Poiché l’accettazione tacita dell’eredità può desumersi dall’esplicazione di un’attività personale del chiamato incompatibile con la volontà di rinunciarvi, ovvero da un comportamento tale da presupporre la volontà di accettare l’eredità secondo una valutazione obiettiva condotta alla stregua del comune modo di agire di una persona normale, essa è implicita nell’esperimento, da parte del chiamato, di azioni giudiziarie, che – perché intese alla rivendica o alla difesa della proprietà o al risarcimento dei danni per la mancata disponibilità di beni ereditari – non rientrino negli atti conservativi e di gestione dei beni ereditari consentiti dall’art. 460 c.c., sicchè, trattandosi di azioni che travalicano il semplice mantenimento dello stato di fatto quale esistente al momento dell’apertura della successione, il chiamato non avrebbe diritto di proporle e, proponendole, dimostra di avere accettato la qualità di erede.
Cass. civ., Sez. II, Ordinanza, 04/09/2017, n. 20699
Il conferimento della procura a vendere beni ereditari è atto in astratto idoneo ad integrare una accettazione tacita di eredità.
Cass. civ., Sez. II, 27/09/2013, n. 22288
L’accettazione tacita dell’eredità, ai sensi dell’art. 476 c.c., è implicita nell’esperimento, da parte del chiamato, di azioni giudiziarie, che, essendo intese alla divisione previa collazione dei beni ereditari, non rientrano negli atti conservativi e di gestione di detti beni consentiti dall’art. 460 cc.
Cass. civ., Sez. VI – 2, Ordinanza, 01/04/2022, n. 10655
L’accettazione dell’eredità in forma tacita avviene ove il chiamato all’eredità compia un atto che necessariamente presupponga la volontà di accettare la medesima e che egli non avrebbe il diritto di compiere se non nella qualità di erede, il che ben può concretizzarsi non solo attraverso la domanda di divisione giudiziale, ma anche nell’iniziativa assunta dal chiamato per la divisione amichevole dell’asse con istanza proposta anche in sede non contenziosa.
Cass. civ., Sez. II, Sentenza, 06/02/2014, n. 2743
La riscossione dei canoni di locazione di un bene ereditario, quale atto dispositivo e non meramente conservativo, integra accettazione tacita dell’eredità, ai sensi dellart. 476 c.c.
Tribunale Genova, 02/05/2007, n. 1549
Le figlie minori in nessun caso potrebbero considerarsi accettanti ai sensi dell’art. 476 c.c. in conseguenza di un comportamento concludente della madre, non avendo quest’ultima la facoltà di accettare puramente e semplicemente l’eredità per conto delle figlie, né espressamente, né tacitamente. Il fatto che non sia stata promossa una procedura di accettazione con beneficio di inventario significa semplicemente che le minori si trovano nella condizione di chiamate all’eredità. Tale condizione è incompatibile con la loro condanna al pagamento di un debito del de cuius.
Cass. civ., Sez. II, Ordinanza, 30/09/2020, n. 20878
Per aversi accettazione tacita di eredità non basta che un atto sia compiuto dal chiamato all’eredità con l’implicita volontà di accettarla, ma è altresì necessario che si tratti di atto che egli non avrebbe diritto di porre in essere, se non nella qualità di erede. Pertanto, poiché il pagamento di un debito del “de cuius”, che il chiamato all’eredità effettui con danaro proprio, non è un atto dispositivo e, comunque, suscettibile di menomare la consistenza dell’asse ereditario – tale, cioè, che solo l’erede abbia diritto a compiere – ne consegue che rispetto ad esso difetta il secondo dei suddetti requisiti, richiesti in via cumulativa e non disgiuntiva per l’accettazione tacita.
Cass. civ., Sez. VI – 2, Ordinanza, 14/04/2017, n. 9713
L’accettazione tacita di eredità può avvenire anche per mezzo di negotiorum gestio concernente i relativi beni, ove intervenga la ratifica del chiamato a norma dell’art. 2032 c.c., in quanto tutte le ragioni che si oppongono alla configurabilità di un’accettazione tacita di eredità per effetto della gestione di affari compiuta nell’interesse del chiamato e relativa ad atti di amministrazione, vengono meno laddove la manifestazione di volontà del gestore, non dotato di poteri rappresentativi, sia ratificata dall’erede.
Tribunale Potenza, 16/03/2017, n. 313
In tema di successioni, l’accettazione tacita dell’eredità, pur potendo avvenire attraverso “negotiorum gestio”, cui segua la successiva ratifica del chiamato o per mezzo del conferimento di una delega o dello svolgimento di attività procuratoria, può tuttavia desumersi soltanto da un comportamento del successibile e non di altri, sicché non ricorre ove solo l’altro chiamato all’eredità, in assenza di elementi dai quali desumere il conferimento di una delega o la successiva ratifica del suo operato, abbia fatto richiesta di voltura catastale di un immobile del “de cuius”.